Doverosa premessa. Dato che alla tenera età di 4 anni ero davanti alla tv dei nonni terrorizzato dall’arrivo del terribile Mobile Suit di tipo Gouf di Ramba Ral, e da allora ho sempre seguito le vicende dei Gundam, ritengo di poter analizzare l’evoluzione di questo prodotto con una certa obbiettività (e assoluta mancanza di serietà).
Gundam
Che Gundam sia un elemento di merchandise della nipponica Sunrise contraddistinto da combattimenti tra giganteschi robot detti Mobil Suits, e che dal 1979 replica i propri topos narrativi in diverse ambientazioni, lo sanno anche i polli di zio Jesse alla fattoria dei Duke in quel di Hazard.
In questi anni la Sunrise ha sfruttato il Gundam in ogni modo, peggio della Marvel con Wolverine, inserendolo in contesti di vario tipo (tra cui la street fight…) allo scopo di catturare via via diversi target di età. La fascia più adulta ha potuto apprezzare elementi come gli interessi economici nelle guerre energetiche e l’orrore del terrorismo nel fantastico “Kidō Senshi Gundam Double 0” del 2007 (che meriterebbe un’analisi assai approfondita), ma dopo quella vetta ai palati più esigenti sono toccati i fossati di serie inferiori, come il polpettone della nonna riscaldato troppe volte di “Kidō Senshi Gandamu AGE” del 2011.
Il 2014 fu un anno assai duro per gli appassionati del Mobil Suit bianco divenuti ormai padri di famiglia, in quanto venne trasmessa l’incomprensibile “Gundam Reconguista in G”. Tanto per far capire meglio il livello di tale produzione, chiarisco che le serie della Sunrise sono separate tra loro e quindi spesso vengono trasmesse quasi in contemporanea. Per l’appunto, i fan più scafati hanno preferito farsi quattro risate con gli episodi di “Gundam Build Fighters Try”, serie in stile Holly e Benji dedicata ai ragazzi che montano modellini in plastica dei Mobil Suits, sbadigliando davanti alla “Reconguista”.
Con ancora in bocca l’amaro sapore di “G-Reco” quest’anno ci si è trovati davanti a un prodotto finalmente originale, che ci ha riportati all’epoca d’oro del gigante bianco: “Mobil Suit Gundam – Iron Blooded Orphans”.
Il Mondo di IBH
Nel solito lontano futuro, Marte e altri pianeti sono stati finalmente terraformati, è quindi tempo di sprecare risorse in una guerra d’indipendenza a suon di Mobil Suits, conflitto che il rosso pianeta bolscevico e traditor perde miseramente divenendo una colonia ultra sfruttata, tipo collaboratori odierni pagati a voucher. 300 anni dopo, un movimento di pacifisti lotta di nuovo per l’indipendenza economica di Marte, le cui condizioni miserevoli hanno creato una nuova categoria di schiavi bambini.

Costoro sono destinati alla morte per fame, dopo una breve esistenza come giocattoli sessuali o pura manovalanza.

Molti di essi vengono reclutati a forza nelle milizie private e costretti a subire dolorosi impianti di biochip perché lavorino in maniera più efficiente. Nota: l’impianto sulla schiena permette di loro di collegarsi alle macchine e “fare” non di “capire” o “imparare”.

Insomma, ottimismo a/e vangate.
E qui la nostra storia ha finalmente inizio, come scriverebbe Walter Moers.
Orga Itsuka è il leader del terzo plotone della compagnia militare “CGS”, giovanissimi e quindi ultimi tra gli ultimi, regolarmente pestati e usati come rifiuti umani dai bastardissimi adulti del primo plotone. Una roba tipo “Tropa de Elite” animato per Fox Kids. Orga ha rubato la pettinatura a qualche personaggio del manga “Le Bizzarre Avventure di Jojo” ma è anche uno stratega nato con buon fiuto per le fregature.

Lui e i suoi fantaccini vengono ingaggiati in una missione estremamente importante: portare sulla Terra la giovane leader del movimento pacifista per iniziare delle trattative diplomatiche. La cosa esalta tutti i poveri reietti in cerca di un momento di riscatto sociale. Solo Orga capisce subito che sta per arrivargli un pallet di missilate nelle terga. Un po’ come quando si guardano i primi cinque minuti di un episodio di Battlestar Galactica: se per caso inizia con ottimismo, speranza e buone intenzioni vuol dire che finirà tutto in un bagno di sangue. E di fatto per il terzo plotone tutto va “a meretrici” dalla metà del primo episodio in poi, costringendo Orga a guidare la sua armata Brancaleone in un viaggio di sola andata verso un destino assai incerto.
Quando il saggio indica il Gundam, lo stolto guarda il Mobil Suit
Mettendo da parte i Mobil Suits (non ve li faccio vedere manco nella gallery!), quello che si avverte subito in “Iron Blooded Orphans” è che non ci si batte per un qualche ideale politico o patriottico, non ci si è allenati per diventare dei super eroi in Mobil Suits, ma si combatte disperatamente per salvarsi la buccia.
I bambini soldato sono finiti in un gioco troppo più grande di loro, devono trovare un escamotages dopo l’altro per salvare la pelle, anche a costo di lasciarsi alle spalle i brandelli dei propri amici. Tutt’intorno non hanno uno scenario di guerra che permette di trovare zone franche, compromessi o momento di pausa, ma mondi coinvolti in una pericolosissima pace armata, una “pace” imposta dagli interessi economici e in questo equilibrio spietato non c’è assolutamente posto per i deboli.



Non c’è nemmeno traccia della tecnologia “pulita” delle serie “Gundam SEED” o “Gundam 00”, la navi sono fatiscenti, i nemici hanno sempre un vantaggio sia tecnico che numerico e le risorse vanno usate con il contagocce. Niente spade di energia e cannoni a raggi, ma bossoli e grezze armi medievali. Le armi a distanza sono poco efficaci contro corazze nanolaminate e occorre massacrare l’avversario schiacciandolo dentro il cockpit.
Non c’è il pilota che assiste freddamente all’esplosione del mezzo nemico, al contrario, appena si riesce fortunosamente ad abbattere un Mobil Suit avversario subito si corre a recuperarne tutti i pezzi ancora funzionanti. Qui non c’è la White Base con bastimenti di pezzi di ricambio, i colpi sono limitati, le armi anche, il tempo è poco, lo stesso Gundam “Barbatos” è un vecchio residuato bellico e perso quello si hanno le stesse chance di scamparla come la capretta di Jurassic Park contro il Tirannosaurus Rex.
Si avverte la stessa tensione dei primi episodi dello storico “Kidō Senshi Gandam”: si scappa con il nemico alle calcagna e al primo errore si è spacciati.
Inoltre, contrariamente allo stile di diverse serie di Gundam, il pilota non è un elemento centrale della trama, al contrario.

Mikazuki Augus è un bambino soldato nel vero senso del termine: violento, anempatico, traumatizzato, mentalmente limitato, abituato a eseguire in maniera impassibile gli ordini di Orga, che siano andare in battaglia su di un Gundam che sparare nella nuca ad un avversario inerme. Lui fa quello che gli viene detto, come un povero triste Rain-Man ignorante, tanto spietato quanto innocente. Il rapporto con Orga è peculiare: Mika fa tutto quello che gli viene detto di fare perché si fida ciecamente, e allo stesso tempo Orga desidera fare di tutto per condurre l’amico a un futuro glorioso.
E poi ci sono le botte, i combattimenti, le astronavi, i mobil suits che devono far sfornare nuovi prodotti Bandai, i soliti momenti di stucchevole sensibilità tipicamente nipponici, ma va bene lo stesso.